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Poesie d’amore

Recensione a cura di IoePapperina

Rabindranath Tagore è nato a Calcutta nel 1861. E’ uno scrittore indiano di lingua bengali. Proviene da una famiglia di orgini nobili e molto conosciuta sia per le sue tradizioni culturali che per quelle spirituali.
Nel 1877 si trasferisce in Inghilterra per tre anni. In questo periodo di studio capirà cos’è l’Europa. Ritorna in patria dove comincia a scrivere saggi, liriche, drammi e raccolte di poesie, e continua anche se provato dalla perdita della moglie e dei due figli nel giro di soli cinque anni.
Nel 1913 riceve il Premio Nobel per la letteratura e in seguito continuerà le sue pubblicazioni. Per chi vuol conoscere meglio questo autore, il consiglio è di leggere il romanzo “La casa e il mondo”, altre raccolte di poesie come “Balà kà” e l’autobiografia “Ricordi della mia vita”, a cui seguirà il dramma “Oleandri rossi” e altri saggi su argomenti pedagogici e politici.

Nel libro “poesie d’amore” Tagore dimostra il suo carattere orientale, mistico, l’amore al più alto livello fino a toccare Dio per fondersi in lui.
Scorrendo le pagine, il lettore avido di conoscere questa poesia, mai letta fino ad ora, si trova in un mondo nuovo e antico al tempo stesso.
Le immagini sono piene di riferimenti al suo paese nativo e il “loto fiorisce come l’amore alla vista del sole”.
E’ una poesia tenera, dove l’amore perdona tutto e il “se non puoi amarmi, amore mio, perdona il mio dolore”, stupisce e strugge al tempo stesso.
Le stagioni si susseguono e le descrizioni sembrano frettolose pennellate sulla tela. L’amore è tutto. E’ la più ampia espressione che ci possa essere. Infatti ci accompagna in queste vetrine che Tagore ci apre.
L’amore, allegro o triste, diventa desiderio che ci rimanda immagini e visioni di passione e di sete di assoluto.
L’amore, ai più alti livelli, dove gli spiriti degli amanti si uniscono in uno solo, ma dove, anche la tristezza dell’abbandono, costituisce un’alternativa alla propria fede dell’amore stesso.

Giuseppe Conte ce lo presenta così: “i suoi canti d’amore mostrano i caratteri distintivi della non soggettività, della leggerezza, delle ritualità tipiche dell’oriente”.
La sua poesia è piena di cultura, di sapienza, di senso della filosofia, di metafore, della sua gioia di vivere, che fa sì che per un periodo la musica si unisca alle parole. Diventa così suono nel “tintinnare dei campanelli di braccialetti”, nel “ritmo di passi”.
La sua poesia diventa profumo “di petali di fiore”, “di trecce di capelli”. Diventa colore “dei timidi occhi neri”, di veli e sari abbandonati. Diventa paesaggio con “le nuvole basse sulla linea azzurra degli alberi”, di verdeggianti colline erbose che riposa l’occhio del lettore. Diventa la gioia di ogni piccola cosa.

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