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Archive for the ‘IoePapperina’ Category

Mondo senza fine

Recensione a cura di IoePapperina

“Due secoli dopo i Pilastri della terra”. Avevo già letto quel libro con avidità ed estremo piacere tanto chè, mi ero accorta di essermene affezionata e non sapevo se volevo finirlo, oppure mantenere quella lettura più a lungo per non trovarmi poi orfana del mio appuntamento serale con lui.
Ovviamente ha prevalso la curiosità e l’ho finito. Oggi mi ritrovo con il mano ” Mondo senza fine”. Sono un po’ perplessa: non mi deluderà?

Difficile ricreare l’atmosfera del libro precedente, la passione che ne usciva, l’attenzione con cui Follet riusciva a condurre il lettore attraverso la vita di tanti personaggi.
Comincio prevenuta ma poi, ecco di nuovo la stessa sensazione.
Di nuovo mi ricalo in questa narrazione, mi ritrovo nella stessa Cattedrale ma solo duecento anni dopo.
Un Ken Follet ovviamente diverso da quello che scriveva “La cruna dell’ago” , ” Codice Rebecca” eccetera..
Qui il racconto è ancora una volta il percorso della vita di una città. E’ ancora l’obiettivo della costruzione della più alta torre che ci sia in Inghilterra in quel periodo.

Tutto comincia con quattro bambini che si trovano coinvolti in un assassinio.
Da questo, che diventerà il loro segreto, verranno condizionate le loro vite con intrecci, amori, paure, separazioni, ricatti e dolori.
La magistrale rappresentazione della guerra fra Inghilterra e Francia ci fa vedere le varie tecniche usate in quel periodo, ci porta a conoscenza delle cattiverie che ne derivano e le ambizioni che fanno passare i limiti.
Così attorno al fulcro della Cattedrale di Kingsbridge gira la storia di circa settant’anni di pieno medioevo e di piena peste che raggiunge tutti e tutto facendone la malattia del tempo.

I dettagli scorrono veloci e il lettore non si accorge di quanto possa essere difficile portare avanti un libro di tali dimensioni con tanti personaggi in modo così equilibrato.
Un grande scrittore e il degno seguito dell’ altrettanto grande libro “I Pilastri della Terra”.
Lo stile è lo stesso e mi sono ritrovata a pagina 1366 con lo stesso rimpiano di venti anni fa.
Ho perso il mio appuntamento serale che aspettavo per tutto il giorno con emozione e curiosità.
Nonostante il “volume” del volume, si legge in modo scorrevole, piacevole alla mente, e in più si nota il notevole approfondimento di quello che erano gli usi e i costumi di quel tempo.
Ken Follet si rivela, ancora una volta, un grande scrittore che per scrivere, come ogni grande, si documenta prima in modo ineccepibile.

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Il collo mi fa impazzire

Recensione a cura di IoePapperina

La sceneggiatrice di “Harry ti presento Sally” e la regista di “Insonnia d’amore”, ” C’é post@ per te”, e ” Vita da strega” per la prima volta si cimenta nel mettere per iscritto il suo essere donna.
Un libro al di fuori degli schemi normali dove l’ironia e l’intelligenza di una donna sicura di se e che non ha paura di mettersi a confronto con se stessa, con il passare del tempo, con le proprie frivolezze, con il suo essere grassa, ci porta  a leggerlo tutto di un fiato.

Nora ci svela le sue abitudini, le sue manie, a cominciare dall’esporci le svariate creme che popolano il suo bagno e che, per lo più sono ancora chiuse e quindi non hanno potuto fermare il tempo come affermano le loro etichette, al problema della tinta per i capelli, quantificandoci il tempo che per fare tutto questo, perde in un anno.
Conteggia non solo quello in modo da farci capire quando ne perdiamo, ma ,invece, riduce tutto al costo di un capuccino al giorno, quando  deve comperare qualche cosa di importante.
Ci fa vedere cosa succede in quella New York che lei tanto ama e nella quale viaggia, trasferendosi da un appartamento all’altro, innamorandosi sempre  e sempre dovendo lasciare quel nido che si è costruita, comprendendo con questi anche i mariti.
Ma tutto ciò alla fine, non la danneggia anzi, ogni volta troverà che il posto è migliore, che c’è un negozio in più, che la vista è più bella, che il cinese qui ti porta la cena a casa.

Ti fa riflettere su quanto sia cambiata, in così breve tempo, la vita di noi donne in questi pochi deceni, ripercorrendo la sua.
Indica le cose indispensabili per una signora, per essere all’altezza, per essere, in fondo, uguale alle altre, ponendosi alla fine una semplice domanda: perché?
Un libro che è rimasto primo, nelle classifiche degli Stati Uniti, per trenta settimane e che io trovo sia fondamentale da leggere per capirci di più e per imparare a ridere di più di noi stesse che forse, ultimamente, ci prendiamo un po’ troppo sul serio.

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La passione di Goya

Recensione a cura di IoePapperina

L’incontro di un regista teatrale, Jean-Claude Carrière con uno dei registi più grandi del cinema contemporaneo, Milos Forman, ha portato a scrivere questo libro che, per me, è un capolavoro di arte visiva. Si legge con gli occhi perchè le immagini escono dalle pagine in un’unica immensa coreografia.

Gli autori descrivono l’ambiente spagnolo al tempo dell’Inquisizione, mentre infuria la Rivoluzione Francese e finisce il XVIII secolo che come un quadro, appunto di Goya, si ammira in tutta il suo splendore.
La storia corre come su un grande pannello dove Francisco Goya ritrarrà, dapprima pittore di re Carlo, poi un po’ di tutti quelli che gli succederanno per puro senso del denaro, tenendosi per lui solo le grandi opere di cui potremo bearci solo in seguito.
E’ tramite la sua pittura che ci racconta la sua vita.

Conosce così i vari personaggi che popolano il libro, ma si soffermerà maggiormente su Lorenzo Casamares, prima grande inquisitore poi,  scappato in Francia, dismessi gli abiti talari, in seguito ad uno scandalo diventerà amico di Napoleone e ritornerà alla fine in spagna, e su Ines, figlia di una famiglia molto agiata che conoscerà Lorenzo perchè imputata di eresia. Sarà l’inizio e la fine di un amore a senso unico. Tutta la vita, Goya la passa ad osservare le persone per poi metterle su carta, con l’unico filo conduttore di questo amore impossibile nato tra Lorenzo e Ines.

Ognuno con le proprie vicende, ognuno con il proprio destino che però si intrescia, si riunisce, fino alla divisione totale per colpa di una morte violenta sotto gli occhi di tutti i protagonisti.
La vita di un grandissimo pittore dotato di talento eccezionale che ad un tratto diventa sordo ma “la sordità non sembra intralciarlo nella sua opera. Alcuni sostengono che anzi l’abbia aiutato spingendolo a cercare nel profondo dell’anima, nel silenzio che prima di ieri nessuno aveva mai visto.”  Insomma un grande libro.

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Ritorno a Riverton Manor

Recensione a cura di IoePapperina

Cento anni, o giù di lì, di vita trascorsa e ora sta morendo in una casa di riposo.
Grace Bradley si trova sola. La sua vita e la sua storia ormai l’ha lasciata alle spalle, seppellita con tutti i suoi segreti grandi e piccoli di tutta una vita che l’ha vista protagonista di quasi tutto il ‘900 con i suoi immensi cambiamenti.

Lei che è vissuta quasi sempre a Riverton Manor, da quando, quattordicenne goffa, ingenua e terrorizzata entrerà in quella famiglia come cameriera, prendendo un posto che una volta era della madre, ora si trova con in mano una lettera di una regista che vuole contattarla per realizzare un film sulle sorelle Hatford e sul suicidio tragico, che a quel tempo fu immortalato da varie fotografie.
Questa lettera scritta da Ursula Ryan fa riaffiorare tutte le vicissitudini di quella famiglia allora ancora in gran auge.
Le riprese del film si dovrebbero girare nella stessa casa di allora che, appunto per mezzo di foto dell’epoca, viene completamente rifatta come era in origine.
Grace, dapprima completamente contraria, finisce con il collaborare con la giovane e si incomincia così a vivere da quel lontano giorno in cui per la prima volta entrò in quella casa.

Riviviamo tutto l’ambiente del primo novecento, con tutte le sue abitudini, la servitù, i giovani Hartford, coetanei di Grace che diventa complice dei loro segreti e dei loro giochi.
David, il primogenito, che affascina le due sorelline portandole in un mondo dove un gioco viene utilizzato come vera vita e annotato in misteriosi libretti e poi nascosti ad arte, non farà ritorno dal fronte, portando un grave scompiglio nella vita della famiglia che lo riteneva destinato ad una grande ascesa nella vita sociale e politica del momento.

Questa saga familiare rimane così vedova di un protagonista per lasciare spazio alle due sorelle: Hannah, intelligente e sensuale, a dispetto della sorella Emmeline, capricciosa e spensierata.
Tra le due una nuova figura, quella dello scrittore Robert Hunter, che farà innamorare entrambe le sorelle e che sarà il protagonista di quell’assurdo e inspiegabile suicidio.
Sarà Grace a dare un contributo per chiarire la tragica fine di Robert, facendoci passare attraverso un periodo molto affascinante della storia inglese, dai ruggenti anni venti, con il charleston, al periodo edoardiano, descrivendoci la società aristocratica dell’epoca, all’inizio di grandi cambiamenti sia politici che culturali. Kate Morton ci porta attraverso la guerra, attraverso le disgrazie e le altalenanti situazioni economiche di questa famiglia, con grazia descrittiva e senza annoiare il lettore ma, anzi, interessandolo, mantenendo fino alla fine questo grande segreto che Grace non vuole più portarsi dentro.

Un libro delizioso che diventa inspiegabilmente un giallo ma che, in realtà, non risulta tale, se non quando il lettore, finito il libro, se ne accorge.
La sensazione è che l’autrice abbia vissuto in quel tempo, facendo parlare la servitù, i signori e le loro amicizie in maniera estremamente inglese e raffinata, a cominciare dalle scene descrittive degli esterni, a quelle della preparazione delle varie cene, per finire con l’arredamento delle varie stanze. Un libro di rara raffinatezza inglese che ci coinvolge e ci diverte al tempo stesso, da leggere nel pomeriggio davanti ad un tè fumante.

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Rimas poesie d’amore

Recensione a cura di IoePapperina

L’amore, la solitudine e il mistero della creazione e del destino sono i temi della poesia di Gustavo Adolfo Bécquer. Poeta spagnolo della metà dell’ottocento muore a soli trentaquattro anni nel dicembre del 1870 .

Il “mal sottile” lo porterà lontano dai suoi amici non prima di ” Sto facendo la valigia per il viaggio. Fra poco morirò. Avvolti in questo fazzoletto ci sono i miei versi e la mia prosa. Coreggili come sempre, finisci, se vuoi, quel che non ho concluso, e dopo ridammeli, ma se mi dovessero sotterrare prima, pubblica quel che ti piace e santa pace..”
Queste le sue ultime parole consegnando ciò che aveva di più caro nelle mani dell’amico Campillo che, con altri pubblicherà la prima edizione delle “Ombras” che poi diventeranno “Rimas”.

L’amore è la radice di tutta la sua opera, un amore umano con tutti i suoi difetti; un amor ormai diventato passato e tesoro conservato nella sua memoria. In questo libro, l’amore inizia, continua, e finisce trasformandosi in puro dolore.
E’ qui che arriva di colpo, quasi tramortendoti, la solitudine e la tristezza della sua poesia. Si passa dal riso al pianto, dalla luce alla penombra, dalla musica al silenzio e dalla compagnia alla morte, ultima spes.

Bècquer diceva “Esiste una poesia magnifica e sonora figlia della meditazione e dell’arte che si addobba con tutta la pompa della lingua, che si muove con ritmica maestà, che parla all’immaginazione conducendola per un sentiero sconosciuto, seducendola con la sua armonia e la sua bellezza. E’ il frutto divino dell’arte con la fantasia”. Sono parole che lasciano chi legge attonito di fronte a tanta attualità.

Il suo pensiero é quello di oggi dove la poesia é frutto di tutta la fantasia che può riempire il tuo cuore, dove la poesia si perde ad un passo dalla realtà confondendosi con quest’ultima, dove la vita stessa é poesia, l’esperienza é poesia. Questa è la sua poesia diversa da quella popolare breve che sgorga dall’anima ma rimane solo sintesi.

“Scrivo come colui che copia da una pagina già scritta, come il pittore che riproduce il paesaggio che si dilata davanti ai suoi occhi e si perde fra la bruma degli orizzonti”.
Così riassume questo suo dono di scrivere dopo aver in qualche modo digerito ciò che vuole far capire al lettore.

Questo un esempio:

I sospiri sono aria e vanno nell’aria
Le lacrime sono acqua e nel mare vanno
Dimmi donna, quando gli amori si scordano,
sai tu dove vanno?

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La donna di Parigi

Recensione a cura di IoePapperina

Un romanzo coinvolgente in una Parigi particolarmente affascinante durante le feste natalizie.
Un cadavere viene trovato nei giardini dietro l’ Ecole Militaire.
E’ un cadavere senza volto e quindi senza identità e contemporneamente scompare, dalla stanza dell’albergo in cui era alloggiata, Lodovica Ferradini lasciando solo un anello e un biglietto per l’ex fidanzato Pietro Soprani.
Tutto questo avviene nella notte tra la vigilia e il giorno di Natale e, mentre Forsans, commissario di polizia addetto al caso, sposato ma alla continua ricerca di un nuovo e grande amore, cerca di mettersi in contatto con Pietro, questo, come tutti i Natali è dalla madre immerso nella sua solitaria vita monotona, annoiato di tutto ciò che lo circonda.
Quando finalmente, riacceso il cellulare gli arriva il messaggio di Forsans, è la svolta per un cambiamento di programma per far passare queste solitarie vacanze.
Soprani, manager delle risorse umane, uomo molto concreto decide di partire per Parigi dove comincia un’indagine alquanto al di fuori dei normali canoni in parallelo con Forsans, del quale diventa, nonostante la diversità dei due personaggi, amico e confidente.

A questo punto ci si chiede: le due donne possono essere una sola o meglio possono essere la stessa donna?
E’ da qui che comincia una serie di domande che i due si porranno, anche se in maniera diversa, e troveranno, sempre in modo diverso, le stesse risposte.
L’indagine ci porta nei vicoli e nelle strade di una Parigi inedita, affascinante, vista con gli occhi di chi ci vive, e quindi abituato a tanta bellezza e di chi, invece, da tanta bellezza viene turbato.

La donna di Parigi è un romanzo che attrae il lettore che, leggendo, trova tra le righe una sensibilità ed una ironia associata ad un’intensa analisi psicologica.
Con questo suo primo libro Donato Bendicenti ci abitua ad un nuovo modo di scrivere, che spero non perda, ed ad una continua attenzione alla sua analisi dell’ “io” dei vari protagonisti.
Giornalista parlamentare è stato inviato speciale e anchorman delle principali edizioni del Tg1 e insegna Comunicazione politica e Teorie tecniche del giornalismo televisivo presso l’Università di Teramo.

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