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Archive for the ‘Strappati all’oblio’ Category

Articolo a cura di Federico Messana e Marinella Fiume

Negli anni intorno al 1850 in tutta Europa infuria una tremenda epidemia di colera, veramente funesta in Sicilia ed in modo particolare nei paesi del “Vallone”; alcuni dei quali, come Montedoro, in provincia di Caltanissetta, rischiano di restare decimati dal morbo che non darà tregua, soprattutto nei primi mesi del 1865. E mentre infuriano le polemiche sui metodi curativi, Cesare Caico, un aristocratico proprietario di miniere di zolfo di Montedoro, cerca di correre ai ripari invitando in paese il medico omeopatico di Augusta Giuseppe Migneco, che aveva sperimentato un metodo curativo che sembrava dare buoni effetti. I due entrano subito in sintonia, ed il Caico, uomo d’azione, (che vantava meriti per aver ospitato il ministro Zanardelli per convincerlo a fare passare la ferrovia vicino al paese, per aver mandato il gonfalone del paese a Firenze in occasione del sesto centenario della nascita di Dante, per aver esposto a Vienna, nel 1873, i prodotti della sua terra, per aver ottenuto un brevetto per un nuovo tipo di fucile, più che per avere ospitato il romanziere Dumas Padre ed avere offerto il pranzo all’equipaggio della squadra navale italiana approdata a Palermo), non solo offre i suoi aiuti materiali al Migneco, ma si adopera col consiglio comunale, in data 27 luglio 1867, a diffondere con un “Appello ai cento comuni e popoli d’Italia, per la nuova alleanza di salute” il nuovo metodo curativo, chiedendo contribuzioni in denaro per la produzione dei nuovi farmaci. E dimostra i risultati del metodo curativo del “Genio enciclopedico”, dottor Migneco, a Montedoro, “dove tra 287 ammalati di sua cura, solo 16 ha perduto sinoggi, mentre la totalità dei morti, trattati con altri metodi, ascende a 117”. Lo stesso Caico apre la sottoscrizione con ben 6375 lire, invitando i suoi concittadini a partecipare all’appello.

Ha inizio un lungo sodalizio tra la famiglia Caico ed il Migneco, i magazzini dei Caico diventano una succursale dei miracolosi prodotti del medico, distribuiti ampiamente nonostante l’ostracismo e i malumori che si erano coagulati contro la sua figura. Tanti in paese gli sono riconoscenti per i suoi meriti: Michele Pappalardo lo difende contro Politini Vecchio e Vincenzo De Castro lo associa negli elogi che dispensa a piene mani a Cesare Caico, per i salutari soccorsi prestati in quella generale moria. Il 9 giugno del 1869, il consiglio comunale conferisce al Migneco un diploma ed una medaglia, con l’avallo, da Firenze, del Ministro Segretario di Stato per gli Affari dell’Interno.

Affettuose sono le lettere che si scambiano il Caico ed il Migneco, spesso in giro per l’Italia. Pure Giulia, sorella del Caico e Lucia, moglie del Migneco, si scambiano visite e lettere tra Montedoro e Catania, anche dopo la morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1884.

Così ancora Letizia, nipote di Cesare Caico, scrive da Catania al padre nel 1924: “Sono stata a comperare delle bottigline d’olio Migneco, e la signora Lucia mi ha regalato un ritratto di Migneco, e me ne ha fatto vedere un altro, che forse non conosci: meraviglioso”.

Fino agli anni cinquanta era facile trovare presso un negozio-bazar del paese o nelle case dei privati i prodotti del dottor Migneco, a rimedio di un qualche malanno. Segno che i metodi curativi dell’insigne omeopata, a distanza di tanti anni, avevano lasciato il segno oltre che nel fisico dei pazienti anche nell’immaginario della popolazione.

Federico Messana

 

 

Profilo del personaggio

Giuseppe Migneco (Augusta 25 marzo 1820 – Catania 1 febbraio 1884) si laurea in Medicina a Catania nel 1842, perfeziona i suoi studi a Napoli, dove diviene medico chirurgo della Real Marina, quindi, nuovamente nell’Ateneo catanese, consegue la laurea in Chirurgia. In Italia l’omeopatia giungeva assieme alle truppe austriache chiamate da Ferdinando I, re di Napoli, con la partenza delle quali, alcuni medici militari omeopati restavano a Napoli. Il Migneco, venuto a contatto con l’omeopatia a Napoli, è tra i medici che vi aderiscono sin dalla prim’ora. È infatti tra il 1821 e il 1870 che l’omeopatia raggiunge il suo massimo sviluppo nel Meridione, e la sua diffusione in Sicilia va certamente messa in relazione con le epidemie di colera. La stima degli ambienti scientifici e delle istituzioni locali – dopo l’ostracismo che aveva condotto le autorità a bruciare, il 10 agosto 1858, la sua monumentale opera in sette libri, “Fisiologia igienica e patologica”, in seguito alla denuncia del parroco di Vizzini di “esercitare arte diabolica” – il Migneco se la guadagna proprio in occasione delle epidemie di Cholera asiatico, quando viene chiamato da diversi Municipi e dagli Intendenti di diverse Valli a prestare la sua opera, nell’obbiettiva inanità dei rimedi della medicina allopatica.

Marinella Fiume

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