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Archive for the ‘AlexanderSearch’ Category

Articolo a cura di AlexanderSearch

Italia.
58.842.580 di abitanti.
55.000 libri pubblicati ogni anno.
100.000.000 di libri venduti ogni anno.
50% della popolazione non legge.
45% della popolazione legge un libro all’ anno.
5% della popolazione è costituita dai cosiddetti ” lettori forti “.
Sul prezzo di copertina di un libro:
55-60% va a promotori, distributori, librai;
7-10% va all’ autore;
15-20% copre i costi di produzione;
10-15% va all’editore.
In Italia ci sono circa 5000 case editrici.
Di queste, solo 650 sono presenti in libreria.

Ok, abbiamo qualche problema:

1) Il progresso, anche economico, di un paese aumenta di pari passo con il livello culturale della sua popolazione. Prima nota dolente.

2) I piccoli editori indipendenti non hanno altra scelta se non quella di riuscire ad ottenere un successo eccezionale con mezzi risicati. Questo obiettivo può essere raggiunto in due modi: con la pubblicazione fortunosa di un best seller inaspettato (perchè se il suo successo fosse stato prevedibile, le majors lo avrebbero reso inavvicinabile), ma il titolo forte è tale perchè è facilmente fruibile da tutti e quindi non ci dà una mano a perseguire il nostro scopo.
Per non essere frainteso mi spiego meglio: lungi da me l’idea di appoggiare quella pseudo elite letteraria con la puzza sotto il naso, se 2.000.000 di persone si leggono ” Tre metri sopra il cielo ” , è ovviamente meglio che niente, ma non si può dire che ciò aumenti il livello culturale del nostro paese (a proposito, invito il comune di Roma a mandare al signor Moccia il conto per le spese di ritinteggiatura dei muri di mezza città).
L’altro mezzo a disposizione dei piccoli editori è rappresentato dall’ editoria a pagamento, ma qui entriamo in un mondo a parte, dove il rischio di impresa è pari a zero e i libri non entrano nemmeno nel circuito commerciale.
Ciò che è sicuro è che pubblicare libri di qualità non paga, particolarmente per chi non dispone di ingenti capitali, tali da poter contrastare i titani del settore.
Se aggiungiamo che in un paese come questo dove ognuno protegge con le unghie il proprio orticello, anche se minuscolo, i piccoli e medi editori sono perennemente in guerra e non arrivano a capire che l’unione fa la forza, preferendo essere presi a schiaffi dalle majors e da promotori e distributori (che ovviamente perseguono i propri interessi: è più proficuo riempire le librerie di copie de ” Il codice da Vinci” che di libri che, molto probabilmente, torneranno indietro), ci troviamo di fronte ad un cane che si morde la coda.

3) Le majors vendono ciò che i consumatori vogliono comprare. Quindi non ci si può stupire se i libri dei comici o dell’ultima valletta di “Buona Domenica” dominano la classifica delle vendite.

La domanda da porsi è questa: perchè la gente non legge?
O meglio ancora: perchè se la gente legge, legge quello che legge?

Alcuni dicono : ” I mezzi pubblicitari più incisivi sono nelle mani di chi ha interesse solo a fare soldi ( cosa del tutto legittima) , quindi è ovvio che imperi la legge della ‘ domanda e offerta ‘. Magari se venissimo bombardati da pubblicità riguardanti ‘ prodotti ‘ di qualità, le persone cambierebbero letture “.
E questo è il punto: non è possibile trattare il libro come un prodotto qualsiasi. La legge del mercato non è applicabile a tale ambito. Mi compro un paio di scarpe, le indosso; compro una mozzarella, me la mangio. La lettura è qualcosa che va a toccare ciò che una persona ha di più caro: il tempo libero. In una società in cui cercano di liofilizzarci il cervello sin dalla tenera età, leggere è più faticoso di ciò che potrebbe sembrare. La si potrebbe definire l’ unica “attività attiva”. Una persona si piazza davanti al televisore e c’è qualcun’ altro che fa qualcosa per lui, il cervello non ha bisogno di lavorare, mentre un libro deve essere compreso, fa pensare e ragionare.
Quindi la persona media si potrebbe chiedere. ” E chi me lo fa fare? ”
Purtroppo l’unica risposta a tutti questi quesiti risiede nelle istituzioni. Anche se uno “zombie” medio si convincesse a comprare un libro degno di questo nome, dopo la prima pagina lo chiuderebbe.
Perchè?
Perchè non gli sono stati dati i mezzi per poterne fruire al 100%, per capire che il divertimento non è rappresentato dai trenini della Domenica pomeriggio (tanto per tornare sui soliti argomenti) .
E chi glieli può fornire tali mezzi?
La scuola, l’ambiente in cui vive, ciò che lo circonda.
Se ” dall’alto ” non si fanno carico di una responsabilità così grande, non aspettiamoci che il nostro paese migliori.

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I cani di Babele

Recensione a cura di AlexanderSearch

“Ecco cosa sappiamo, noi che possiamo parlare per raccontare una storia: Nel pomeriggio del 24 ottobre, mia moglie, Lexy Ransome, si arrampicò in cima al melo nel giardino dietro casa e precipitò morendo sul colpo. Nessun testimone, a parte il nostro cane Lorelei.”

Inizia così il romanzo d’esordio della statunitense Carolyn Parkhurst: “I cani di babele”, un libro che consiglio caldamente.

Dopo la morte di Lexi, Paul non riesce a darsi pace, molti dubbi lo tormentano:
Si è trattato di un incidente?
Si è volontariamente gettata dall’albero?
Perchè quella mattina aveva cambiato la disposizione dei libri sugli scaffali?

I vicini di casa non si sono accorti di niente, non ci sono testimoni… tranne Lorelei. Così vi è un’unica soluzione che appare praticabile: Paul deve insegnare a parlare al proprio cane.
E’ un percorso graduale, lungo il quale il protagonista riesce a comprendere, forse per la prima volta, sua moglie.
Si estranea dalla vita che aveva condotto fino a quel momento, consulta specialisti e cialtroni per carpire la verità dalla sua fedele amica a quattro zampe.

Una storia toccante, la conoscenza tardiva della persona amata, la comprensione della vita quando la vita stessa ormai è compromessa, quando rimangono solamente rimorsi e rimpianti. Uno dei pochi libri che mi ha veramente commosso.
Un’unica avvertenza: leggetelo in un momento di serenità affettiva, altrimenti potrebbe infliggervi il colpo di grazia.

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Lunar Park

Recensione a cura di AlexanderSearch

– Facciamo un gioco, Bret.
– Io non…
– Il gioco si chiama: indovina chi è il prossimo?

Chi è che telefona a mr Ellis nel cuore della notte?
E soprattutto: chi è Bret Easton Ellis?
Un cocainomane che abita in un lussuoso appartamento di New York?
Un padre di famiglia che vive in un tranquillo sobborgo fuori città?
Un figlio che non ha mai perdonato il padre?
Uno scrittore perseguitato dai mostri che lui stesso ha creato nei propri libri?

Il primo capitolo è prettamente autobiografico, descrive la vita del famoso scrittore durante il college, la nascita del suo successo condita da tutti gli eccessi dello star system di cui “il piu’ grande autore americano sotto i quaranta”, come lui stesso si definisce, diventa protagonista.
Chi non ha letto i precedenti romanzi di Bret Easton Ellis sarebbe portato a pensare che il libro prosegua secondo questa falsariga (ovviamente romanzata), ma dal secondo capitolo inizia il vero Lunar park, un’autobiografia semi-immaginaria in cui i fantasmi del passato fanno visita a un Bret Ellis dagli innumerevoli volti.

Il protagonista, per disintossicarsi e cercare di ristabilire un equilibrio nella sua vita disastrata, si trasferisce in un’anonima cittadina del nordest, ritrovandosi improvvisamente sposato e padre di due figli.
Ma questa nuova vita che dovrebbe riportare la sua esistenza entro i binari della “normalità” è contornata da bambini imbottiti di psicofarmaci, genitori assenti e festini in cui alcool e droga non mancano mai.
Ciò che è essenziale è la patina superficiale, un’apparenza espressa da una villetta di campagna, una scuola prestigiosa, le cene di rappresentanza con vicini di casa insopportabili.

Tutto sembra “tranquillo” fino a quando uno scomodo passato non bussa al 703 di Elsinore lane.
Strani eventi disturbano la serenità di quella casa: i mobili si spostano da soli, misteriose e-mail lampeggiano incessantemente sullo schermo del computer, i bambini del vicinato scompaiono nel nulla, inquietanti presenze si nascondono nell’ombra…
Sicuramente non è il classico romanzo di Bret Easton Ellis: chi ha amato American psycho o Glamorama potrebbe rimanerne deluso, ma a me non è dispiaciuto affatto.

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Le notti bianche

Recensione a cura di AlexanderSearch

Un sognatore romantico, un uomo che rifiuta la realtà e trova accoglienza nella dimensione del sogno è il protagonista di questo racconto di un giovane Dostoevskij.

Una notte, passeggiando lungo il fiume a San Pietroburgo, incontra Nasten’ka, una ragazza come tante, ma che ai suoi occhi rappresenta la possibilità di prendere finalmente contatto con il mondo reale, un universo ignoto, costellato da tutte le emozioni proprie dei rapporti interpersonali, quali amore e sofferenza, che lui, anima solitaria, non ha mai conosciuto. Il sognatore pietroburghese, come scrive l’autore russo, “si stabilisce in un cantuccio inaccessibile, come se volesse nascondersi perfino dalla luce del giorno” e, infatti, è durante le sue “notti bianche” che trova il coraggio di misurarsi con ciò che lo circonda, ciò che è fuori dal suo regno di illusioni e da cui si è sempre tenuto distante.

Il protagonista ipotizza che “…anche per lui forse suonerà una volta quella triste ora, quando per un giorno di quella misera vita (reale) avrebbe dato tutti i suoi anni di fantasticherie…” e forse quel momento è arrivato con Nasten’ka che, nella sua ottica, potrebbe rappresentare una sorta di frutto proibito, ma non dimentichiamoci di come andò a finire nel giardino dell’Eden…

Sarei tentato di continuare, ma non vorrei rivelare troppo intaccando il piacere della lettura.
Un solo commento: bellissimo.

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